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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via di Monte Polacco – (R. I – Monti)  (da via delle Sette Sale a Largo Visconti Venosta)

 “La denominazione di questo colle è antichissima, e credesi così chiamato dall'avervi abitato un Re Polacco nel sontuoso palazzo situato in quel tempo ove al presente scorgesi il monistero delle Paolotte [1]. Si conserva memoria fra alcuni abitatori della presente località che essendovi stati fatti degli scavi vi si trovarono oggetti preziosi appartenenti già al prefato Monarca e rammentano di aver inteso dire da’ loro antenati, che sotto questo monte o nelle vicinanze possavi essere una statua d'oro rappresentante lo stesso Re Polacco”. (Rufini - 1847).

Il favoleggiamento del Re Polacco e del suo Tesoro fatto dagli “abitatori” ha un fondo di verità.

Le monache Paolotte che nel 1723 erano venute ad abitare in quella località e vi avevano iniziato la costruzione del monastero, per vicende varie, dovettero nel 1725 trasferirsi presso il convento di Santa Prassede.

Ritornate dopo 49 anni e ripresa la costruzione, secondo quanto scrive l'abate Carlo Fea (1753-1834) avvenne che “Nel 1774 sfondato un grosso muro antico dietro il coro del monastero delle Paolotte, sotto il monte Esquilino, fu trovata una camera dove era nascosto, (forse nella prima invasione dei Barbari) un tesoro in argenteria, statuette di metallo dorato, finimenti di cavallo in argento, candelabro di cristallo di monte, sculture in marmo ecc."

"Fu devoluto il tutto al monastero suddetto e così dispersa una collezione di oggetti che sarebbe stata bene nel museo Vaticano, specialmente per essere unica in quelle materie preziose, in specie una toeletta in argento. Ennio Quirino Visconti (1751-1818) ne diede relazione nell'Antologia Romana del 1794. In seguito fu scoperto che era un monumento della celebre famiglia cristiana degli Aproniani” (Armellini).

Nella chiesa contigua al monastero (SS. Gioacchino e Anna), edificata in quei tempi (XVIII secolo), una lapide che allude alla leggenda del drago ucciso da Leone IV (847-855) nei pressi di S. Lucia in Orphea (in Selci) [2], così detta dal ricordo del “locus Orfei” ivi esistente [3].  

Leone IV (847-855) vi si sarebbe recato processionalmente dal Laterano, ove abitava, con l'immagine del Salvatore e avrebbe liberato il popolo da un terribile serpente che vi si nascondeva. Dice l'iscrizione: “Iesu Christo Humani Generis Redemptori ubi S. Leo P.P.IV dracone perempto civium incolumitati consuluit Victorius Giovardi ecc. ecc. MDCCXXVII”.

La Chiesa che in origine fu forse dedicata al Santissimo Crocifisso, fu nel 1780 consacrata a San Gioacchino, e detta in Suburra.

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[1] )            Vedi via Santa Maria in Selci (Monti).

[2] )            Vedi via Santa Maria in Selci (Monti).

[3] )            Marziale parla della fontana con statua di Orfeo in località « Carinae » dove era esistito il tempio di Cerere e Tellus.

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